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C. Celano, Delle notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri date dal canonico Carlo Celano napoletano, divise in dieci giornate, Napoli,nella stamperia di Giacomo Raillard, 1692

Palazzo Carafa di Santa Severina, Giornata Quinta, pp. 100-101

(…) Dicesi ancora questo luogo Lucugliano, ma dir si dovrebbe Lucullano, perché qui Locullo haveva la sua habitatione, gli orti suoi e le sue delitie. Nel capo di questo luogo, che sovrasta al mare, Andrea Carafa conte di Santa Severina vi fabricò un palagio che né più bello, né più raro, né più delitioso trovar si poteva per l’Italia; era questo formato in isola a modo di fortezza che haveva ampi appartamenti a tutti e quattro i venti principali, per godere di tutte le stagioni; era così numeroso di stanze che dar poteva comodità grande ad ogni numerosa famiglia d’ogni gran principe. Haveva delitiosissime vedute e di mare e di terra, ed in facciata godeva d’una cosa differente; i giardini ch’egli haveva equiparar si potevano agli Esperidi per l’allegrezza che conservavano, e per la nobile coltura; v’erano vaghe fontane che prendevano l’acque da alcuni cisternoni penzili, in modo che dir si poteva il compendio di tutto il gustoso che desiderar si fusse potuto dall’humana felicità, ed a ragione su la porta vi fece collocare la seguente inscrittione:
Andreas Carrafa Santæ Severinæ Comes, Lucullum imitatus, par illi animo, opibus impar,
villam hanc à fundamentis erexit, atque ita sanxit senes emeriti ea fruuntur delicati iuuenes, &
inglorii ab ea arceantur. Qui secus Faxit exheres esto proximior que succedito.
E questa fu la prima casa che fu edificata in questa contrada; passò poscia alla casa Loffredo de’ signori marchesi di Trivico, dalla quale per lungo tempo fu posseduta. Nell’anno poscia 1651 il Conte d’Ognatte, signore avvedutissimo nel servitio del suo re, passati i tumulti populari, osservando questa esser di qualche conseguenza, e geloso per esser così forte e situata in un luogo che dominava il Castel del Uovo, la comprò per la corte dal Marchese di Trevico, e la rese presidio della soldatesca spagnuola, perché prima i soldati habitavano nel quartiere sopra la Strada Toledo, e con questo remediò più cose: per prima, loro diede un allogiamento reggio senza interesse del soldato; per secondo, munì questo luogo; per terzo, tolse le risse che spesso accadevano tra questa natione e la napoletana, per le quali succedevano molti homicidii, per quanto la soldatesca viveva più riguardata e più modesta, tolta da un quartiere pieno di donne lascive, che alloggiavano i soldati. Circa gli anni poi 1668 don Pietro Antonio d’Aragona, viceré, l’ampliò facendo de’ giardini habitationi, che lo rese capace de più e più migliaia di soldati. Con l’occasione della casa già detta del Conte di Santa Severina, conoscendosi questo luogo esser de’ più belli e più salubri de Napoli, principiò ad essere habitato, in modo che hora si vede la più cospicua e nobile contrada che sia nella nostra città, ricca de tempii e de palazzi, quanto nobili tanto delitiosi, e per le vedute che hanno e per i giardini, che par che siano stanze immutabili della primavera. L’aria è così temperata che quasi non vi si sente inverno. Ferrante Loffredo marchese di Trivico, possedendo la casa sopradetta, con pietà grande la volle accompagnare ad una chiesa per potervi con più comodità esercitare divotione christiana, che però in una parte del suo giardino nell’anno 1601 ve ne fabricò una con un bello e comodo convento, nel quale vi introdusse i frati domenicani della congregatione della Sanità, i quali l’intitolarono il Monte di Dio, e perché stava in questa collina e per la bellezza del luogo, che sembrava un terrestre paradiso; fatta questa chiesa vi si fe’ davanti un ampio stradone che tira a dritto sino a Santa Maria degli Angeli, e da Santa Maria fino al Palazzo Regio (…).

G. Sigismondo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, Napoli, presso fratelli Terres, 1788, Tomo II

 

Presidio di Pizzofalcone, pp. 306-308:

 

Quivi anticamente stava il Palaggio di Andrea Carafa dei conti di Sanseverino e fu la prima casa in questa contrada edificata; poscia pervenne alla casa Loffredo de’ marchesi di Trevico. Il conte di Ognatte viceré di Napoli nel 1651, conoscendo l’importanza del sito per dominare il Castello dell’Ovo, comprò questo luogo per la real corte, e vi trasportò il quartiere dei soldati spagnuoli che prima stava sopra Toledo presso la Trinità de’ padri della Redenzione de’ Cattivi, dei quali si è fatta parola. Il viceré poi don Pietro d’Aragona nel 1668 e 1670 l’ampliò e lo ridusse quasi come al presente si vede, essendosi per altro reso poscia più commodo con esservisi fatti dei risarcimenti e migliorazioni grandissime così dal presente nostro Regnante che dal re Carlo di lui padre. Sulla porta all’entrare del quartiere leggesi scolpito in marmo quanto siegue:

Petro Antonio Aragoniæ, Segorbiæ, ac Cardone Duci, & Ampuriarum Comiti, Maximo, Pio, inclyto

Proregi, quod Civitatis tuendæ ac magnifice exornandæ studio post tot erecta fælicitati publicæ

monumenta, hoc etiam amplissimum servando militi, ac disciplinæ munimen a fundamentis

extruxit; amplificatæ Urbis Fundatori securitatis monumentum.

 

E nell’altra che ravvisasi sull’alto, fuori del cennato quartiere, dalla banda opposta in faccia al mezzogiorno si legge:

Carolo II. Hispaniarum Rege Regnante

D. Petrus Antonius de Aragona

in omnibus perfectus ad Urbis securitatem

feliciter perfecit

provida mentis vastitate

locupletem in ea excitavit Præsidium

& jure

dum Hispanis militibus

non angustæ sed augustæ debebantur sedes

in hoc eminenti loco

ad Regis utilitatem ad hostis terrorem

ad pacis munimen.

Èvvi ben anche per commodo del presidio la regia parocchia detta del Santissimo Rosario dalla quale amministrati vengono i sacramenti a tutti coloro che vi abitano. Da questo luogo vi sono due altre calate, una che porta presso al Castello detto dell’Ovo nel sito denominato Platamonio, l’altra mette al sottoposto borgo di Santa Lucia, sebbene alquanto precipitosa. Allato a questa seconda èvvi l’altra uscita sul Monte Echia, per la quale avviandoci colla direzione verso il settentrione troverassi, a destra, il bel monistero e chiesa dedicata a

Santa Maria Egizziaca, detta di Pizzofalcone, pp. 308-309:

 

Circa il 1660 alcune religiose del monistero di Santa Maria Egizziaca presso l’Annunciata e Porta Nolana, della regola di sant’Agostino, volendo vivere una vita più austera fecero una riforma e separaronsi dalle compagne, comprando quivi le case che furono di don Luigi di Toledo, poscia del Conte di Pacentro suo genero, e adattandoci il monastero con piccola chiesa. Quella che oggi si vede con un atrio e scala maestosa fu disegno del Picchiatti eseguito sotto la direzione di Marcello Guglielmelli. Il quadro del maggiore altare colla Santa penitente è delle buone cose di Andrea Vaccaro; gli altri due quadri de’ cappelloni, cioè quello dal lato del Vangelo colla Beata Vergine che tiene il Bambino Gesù nelle braccia, a destra san Giuseppe, san Gioacchino e sant’Anna, ed a sinistra santa Elisabetta, san Zaccheria e ’l piccolo san Giovanni Battista, e l’altro dal lato della Epistola colla Beata Vergine parimenti col Bambino in braccio, sant’Agostino, santa Monaca, san Tommaso Villanova e san Guglielmo d’Aquitania sono studiate opere di Paolo de Matteis. Le quattro statue di legno, cioè San Michele, l’Angelo Custode, l’Immacolata Concezione ed un Crocifisso, le quali situate veggonsi in quattro piccole cappelle, essendo la chiesa ottangolare, sonodi Nicola Fumo. Fuori la porta della chiesa leggonsi le due iscrizioni che sieguono:

 

Templi hujus

sub auspiciis Puritatis Deiparæ Virginis

Monialium Divæ Mariæ Ægyptiacæ

strictioris observantiæ

excellentissimus Dominus D. Gaspar Bragamonte

Comes de Pignoranda

Regis Cubicularius & in hoc Regno

Prorex

munerator beneficentissimus

una cum illustrissimo & Rev. Domino

D. Honuphrio de Ponte U. J. D.

Licteren. Episcopo

primum jecit lapidem

Anno Domini MDCLXI. Die 2 Aprilis

e l’altra:

D. O. M.

Deiparæ Virgini Puritatis

& S. Mariæ Ægyptiacæ

Templum hoc

Hieronymus Vincentini Thessalon. Archiepiscopus

& in hoc Regno Sedis Apostolicæ Nuntius

die XIV Nov. MDCCXVII.

solemni ritu consecravit

cujus anniversaria commemoratio

Decreto S. R. C.

in diem XXIII. Octobris translata fuit.(…).

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